Sara Ambrogio, referente nazionale di AMU per la rete di Fare Sistema, descrive quali sono le linee guida delle attività FSOA in questo 2021. I nuovi referenti, l’ampliamento della rete, i progetti di inclusione sociale che siano anche momenti di aggregazione con la comunità accogliente, e il patto di reciprocità, che impegna il ragazzo a svolgere un’attività di volontariato a sua scelta: “È un modo per trasformare l’accoglienza in un rapporto alla pari”
Sara, qual è il tuo nuovo ruolo in Fare Sistema Oltre l’Accoglienza?
AMU aveva bisogno di una figura di riferimento per la rete nazionale e così mi è stato proposto questo nuovo incarico, pur continuando comunque a essere referente per la Calabria. Si tratta di coordinare le attività dedicate alla rete nazionale e di accompagnare i referenti regionali FSOA nell’ideazione e realizzazione di attività dedicate alle reti nei singoli territori. Dare supporto ai referenti FSOA su come ampliare la rete di aziende, come instaurare un rapporto con i nostri ragazzi, come costruire una rete. Bisogna comunque considerare che ciascun territorio ha bisogni diversi: quello che può essere utile in Calabria non è detto valga allo stesso modo per l’Emilia Romagna o per il Lazio. I miei consigli devono tenere conto di questo. I nostri referenti regionali hanno già un bagaglio di competenze acquisite attraverso esperienze lavorative precedenti, non può essere dunque che uno scambio.
Questo che implicazioni può avere sul “fare rete”?
Possiamo mettere in contatto i bisogni dei ragazzi che aderiscono al programma FSOA con gli attori della rete a livello nazionale e non più, solo, locale. E’ un percorso che avevamo già sperimentato, ma ora abbiamo la possibilità di applicarlo con più metodo. I ragazzi potranno spostarsi in regioni diverse là dove ci sia, per esempio, la possibilità di un tirocinio o di un lavoro. Ma c’è anche un altro vantaggio: si crea una sorta di rete di secondo livello, aziende che si conoscono tramite Fare Sistema cominciano ad avere rapporti commerciali tra di loro. Famiglie e volontari che si conoscono e instaurano ulteriori legami. È un circolo virtuoso.
Quali sono i progetti su cui state lavorando?
Un’idea è quella di far partire attività che coinvolgano anche i volontari della rete. Vorremmo attivare laboratori in ciascuna regione, il cui fine ultimo è l’inclusione sociale dei nostri ragazzi. Il punto di partenza è semplice: individuare il bisogno di un territorio e far lavorare assieme persone della collettività e ragazzi che hanno aderito al programma FSOA. Se c’è un obiettivo comune si crea una connessione in maniera spontanea.
Mi fai un esempio?
Un progetto, semplicissimo, potrebbe essere la sistemazione di un parco giochi. In questo modo la comunità si troverebbe con qualcosa che può utilizzare, un vantaggio per tutti, e dopo aver visto l’impegno dei ragazzi sarebbe più disponibile ad aprirsi all’accoglienza. Oppure qui a Rogliano c’è l’area dei parcheggi delle scuole superiori che può essere rivalutata con la street art. Pensavo anche a un murale perché è qualcosa che rimane, può piacere o no, ma non lascia indifferenti. I nostri ragazzi e i ragazzi del paese che lavorano insieme alla creazione di un murale: sarebbe un bel momento di aggregazione. Mettici anche che le forme di arte aiutano a portare a galla i propri sentimenti.
Ovvero?
Ci siamo accorti che fornire ai ragazzi uno strumento per farli esprimere – una qualsiasi forma d’arte – li spinge ad esternare emozioni che altrimenti rimarrebbero chiuse dentro. L’idea dell’arte non è innovativa, certo, ma secondo me funziona.
Cos’è invece il patto di reciprocità introdotto da Fare Sistema?
All’interno delle schede di adesione che vengono compilate dai ragazzi, c’è una clausola che li impegna a svolgere un’attività di volontariato a loro scelta. Nell’ambito dei progetti del sociale è qualcosa che caratterizza l’azione di Fare Sistema e può avere un impatto sulla comunità accogliente che spezzi il circolo “salvatore-salvato”: il ragazzo non si sente più un peso e in più si responsabilizza. Questi giovani sono capaci di fare tante cose, sono portatori di talenti, ma se li metti in un sistema che sia solo di assistenza, la loro volontà e la loro autostima si indeboliscono. All’inizio quando arrivano sono attivi, per loro è naturale dare una mano, per esempio, nella gestione della casa. Man mano che si va avanti e sono sempre affiancati da un operatore capita che si adagiano. Con la reciprocità si fa un passo ulteriore verso l’inclusione reale: il ragazzo si sente di poter ricevere e di poter dare. Diventa un rapporto alla pari, come tutti i rapporti umani.