Toumany e l’attenzione verso gli altri

È stato uno dei primi minori a entrare a Casa di Ismaele (Rogliano) nel 2017, aveva solo sedici anni. Di strada ne ha fatta tanta: è diventato maggiorenne, studia, lavora [...]

È stato uno dei primi minori a entrare a Casa di Ismaele (Rogliano) nel 2017, aveva solo sedici anni. Di strada ne ha fatta tanta: è diventato maggiorenne, studia, lavora presso il Caseificio Presila e ha acquisito sempre più autonomia. La cosa più importante però è un’altra, il suo carattere: gentile, sorridente, puntuale, sempre disponibile con gli altri

Di Toumany tutti raccontano solo cose belle. “È un ragazzo puntuale, rispettoso, è una persona speciale” dice Emanuela Gabriele ex assistente sociale a Casa di Ismaele. “Di poche parole, gentile, sorridente, in gamba” lo descrive il mediatore Alfousaney. “Non ha mai detto una parola fuori posto” conferma Francesco Altomare che lavora nell’amministrazione di Casa di Ismaele. Insomma, Toumany si è guadagnato sul campo il bene di tutti.

Arriva in Italia tre anni fa, nel 2017, a sedici anni. Il suo Paese di origine è il Senegal. La storia del suo viaggio è simile a quella di tanti, con la difficile e dolorosa traversata del Mar Mediterraneo, lo sbarco sulle coste e il disorientamento per la nuova situazione. È uno dei primi ragazzi a entrare a Casa di Ismaele a Rogliano. La struttura viene aperta il 30 giugno 2017 proprio per far fronte all’emergenza degli sbarchi in Calabria. “Siamo andati a Corigliano a prendere questo gruppo di quindici minori stranieri non accompagnati” ricorda Francesco Altomare. Corigliano Calabro in quel periodo è una delle mete degli scafisti. “Quando è arrivato era molto provato dal viaggio, dalla prigionia, però ha capito subito di trovarsi esattamente dove voleva, nel posto giusto. Si è affidato a noi” ricorda ancora Emanuela l’ex assistente sociale. Toumany si ambienta subito nella nuova casa e si rende disponibile ai progetti e alle iniziative che gli vengono proposti. A cominciare dalla scuola, che frequenta con entusiasmo: “Quando andava a lezione indossava la giacca per il rispetto che aveva nei confronti dell’istituzione”. Parla un po’ di francese e sa scrivere in questa lingua perché in Senegal era andato a scuola.

A Casa di Ismaele si trova bene. Emanuela racconta che è sempre stato pieno di mille attenzioni verso gli altri: “Quando sono rimasta incinta, mi affiancava e mi aiutava come poteva: portava la borsa, mi scostava la sedia. È un ragazzo che rimane nel cuore”. Questa propensione agli altri non l’ha persa. Tutti i giorni, quando torna dal lavoro, si fa la doccia, prepara una tazza di tè “con molto limone” e lo porta alla scrivania di Francesco Altomare. Non salta mai. Una piccola abitudine quotidiana che sta a dimostrare affetto e gentilezza. Anche con i nuovi arrivati non si risparmia, li supporta per esempio nei turni in cucina, cerca di mediare se qualcuno si irrigidisce: “ha un grande senso di rispetto della famiglia, degli affetti, di chi lo aiuta”, aggiunge ancora Emanuela.

Un piccolo sogno della vita di Toumany si sta già realizzando grazie al programma Fare Sistema Oltre l’Accoglienza: il lavoro. Prima un tirocinio e poi un contratto a tempo determinato presso il Caseificio Presila, un’azienda familiare della provincia di Cosenza gestita dal trentenne Francesco Catalano: “Il nostro obiettivo non era solo quello di averlo come tirocinante, fin da subito abbiamo detto che lo volevamo formare per farlo rimanere a lavorare con noi. Così pian piano Toumany è cresciuto professionalmente. E nonostante tutte le problematiche economiche connesse con il Covid speriamo di fargli un contratto a tempo indeterminato”. Ha dimostrato di essere una persona precisa sul lavoro. Un po’ timido, forse, ma contento di quel che fa. “Ora che è più formato prende iniziativa. Io spero di farlo salire di livello”. Il Caseificio Presila aveva tre dipendenti, ora – grazie anche all’impegno di Francesco – in azienda lavorano in undici: “È un carico di responsabilità che ho voluto io”.

“Vivere in maniera autonoma per poter condurre un’esistenza dignitosa senza dover dipendere dagli altri” è l’obiettivo di Toumany, conferma il mediatore Alfousaney, il quale sa bene quali e quanti pregiudizi un migrante deve combattere: “Noi vogliamo solo costruire un futuro migliore: che reato è? Chi è nato qui è fortunato. Che bisogno c’è di andare da un’altra parte se stai bene dove sei nato? Chi è che sacrifica la propria vita per andarsene se non fosse necessario?”.

Vorrebbe tornare un po’ in Senegal, Toumany, per andare a trovare la famiglia che ha lasciato nel 2017 e i suoi due nipotini gemelli che non ha mai conosciuto, ma ha visto solo nelle videochiamate. Qui in Italia è pronto anche per cominciare a pensare a una vita più autonoma. Sta continuando il percorso di alfabetizzazione con un corso a distanza tenuto dalla cooperativa Fo.Co. cercando di conciliare studio e lavoro. In tre anni di permanenza a Casa di Ismaele è cresciuto, riesce a sbrigare da solo molti impegni e incombenze. “Potrebbe fare tante cose” sostiene Francesco Altomare “ma lui dice sempre che è felice così”.

Fa lunghe passeggiate in bicicletta, Toumany, gioca a calcio, va a Cosenza a trovare i suoi amici: quello dell’amicizia è un sentimento cui tiene molto. L’estate scorsa ha raggiunto per un giorno con grande felicità il suo amico Kolly lontano per lavoro. Gli piace il mare, ma non si azzarda a fare il bagno dove l’acqua è alta, “forse ha paura, gli ricorda la traversata del Mediterraneo” ipotizza Francesco. Una delle frasi più belle su Toumany la pronuncia Emanuela, ex assistente sociale: “Ha un animo nobile, qualcosa che non si trova più nelle persone”.

 

Toumany a Casa di Ismaele
Toumany prepara lo striscione #andratuttobene durante il lockdown

 

Toumany e i ragazzi di Casa di Ismaele
Toumany con gli amici di Casa di Ismaele

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