La giovane psicologa di Reggio Emilia collabora con Fare Sistema all’interno dell’equipe di professionisti che in Emilia Romagna segue i giovani migranti, dalla individuazione dei loro bisogni all’orientamento lavorativo. Senza dimenticare le attività di socializzazione
Dell’equipe che Fare Sistema Oltre l’Accoglienza ha predisposto a Reggio Emilia con i fondi FAMI fa parte anche Laura Corvo, una psicologa che lavora da anni in progetti di accoglienza, soprattutto con i minori stranieri non accompagnati. È lei che all’avvio del progetto si è occupata della stesura dei Piani Individuali di sviluppo Socio-Economico (PISE): “È stata la mia prima attività all’interno di questo gruppo di lavoro”. In cosa consiste nella pratica? “Vengono effettuati dei colloqui conoscitivi per ciascun ragazzo e ragazza. L’intento di questi colloqui è quello di capire effettivamente quali possano essere i loro bisogni – formativi e lavorativi – nel periodo di permanenza sul territorio”. A volte sono bisogni vaghi che devono essere messi a fuoco, altre volte appaiono nitidi fin da subito. L’apprendimento o il perfezionamento della lingua italiana e la ricerca del lavoro sono spesso due priorità.
Infatti, l’altra fase iniziale che ha coinvolto Laura è stato il bilancio di competenza, e anche in questo caso essenziale è stato l’ascolto dei ragazzi: “Bisognava capire quali erano le loro esperienze lavorative in Italia o nel Paese di origine, il loro bagaglio di capacità acquisite nel passato”. Ogni ragazzo ne ha, è solo questione di farle emergere, e una volta individuate Laura li ha seguiti nella scrittura di un curriculum e poi nell’invio delle candidature per chi tra di loro stava cercando lavoro. Per alcuni la necessità era piuttosto quella di incrementare le ore lavorative rispetto a un contratto che già avevano.
Tra le attività di Laura all’interno dell’equipe FSOA rientra anche quella dell’ampliamento della rete in Emilia Romagna: “In collaborazione con Maddalena abbiamo cercato associazioni o enti di formazione che potessero contribuire a soddisfare i bisogni emersi dai colloqui. Per esempio, molte delle ragazze che seguiamo sono delle neo mamme: indispensabile per loro poter fare l’iscrizione al nido dei propri figli, così da poter avere tempo per lavorare. Quando hai un bambino piccolo e non hai figure di riferimento cui affidarlo nel territorio in cui vivi – come può essere il sostegno della tua famiglia – il nido diventa necessario per l’organizzazione personale. Noi le abbiamo indirizzate agli uffici competenti. Stesso ragionamento per chi doveva invece iscriversi al centro per l’impiego. Insomma, molta attenzione è dedicata all’orientamento, alle informazioni pratiche e utili nella quotidianità”. Rete e bisogni sono dunque aspetti strettamente correlati: il lavoro di Laura consiste nel mettere i ragazzi e le regazze in contatto con gli enti che erogano questi servizi e far loro apprendere come muoversi così da renderli autonomi anche nel rapporto con la pubblica amministrazione. Ma fare rete significa anche individuare associazioni che svolgano attività culturali che possano appassionare i ragazzi, è un modo per lavorare sulla socializzazione: “Da questo punto di vista abbiamo trovato molta apertura. Anche l’inserimento dei ragazzi nelle attività di volontariato si è rivelato un aspetto positivo. Per esempio abbiamo trovato un’associazione che opera sulla socializzazione attraverso la musica e la danza. Certo, quando lavori tante ore al giorno e poi a casa ti aspetta un bambino di nove mesi questo tipo di attività possono non essere percepite come essenziali, eppure quando se ne prospetta la possibilità spesso la risposta è un sì”.
Qual è uno dei punti più critici del tuo lavoro sul territorio? “Credo sia la ricerca di una soluzione abitativa. A Reggio Emilia non è facile per un ragazzo straniero trovare una casa da affittare e spesso invece questo emerge come un bisogno molto forte”. Eppure è un aspetto anch’esso fondamentale per il completamento del percorso di autonomia. Invece, un primo bilancio di questa tua esperienza professionale con Fare Sistema? “Una delle cose che trovo più interessanti di questo Programma è poter lavorare con numeri ridotti di ragazzi, secondo me questo fa molto la differenza perché ti permette di seguirli con maggiore attenzione”.