Giulio e il futuro a piccoli passi

“Sono una persona molto introversa. Però so essere gentile”, dice di sé Giulio. Ed è vero: a parlarci per un po’ emerge tutto il lato garbato di questo ragazzo diciottenne, [...]

“Sono una persona molto introversa. Però so essere gentile”, dice di sé Giulio. Ed è vero: a parlarci per un po’ emerge tutto il lato garbato di questo ragazzo diciottenne, che sa raccontare un po’ del suo passato, tanto del suo presente e prova a immaginare un futuro. È uno dei ragazzi che Fare Sistema Oltre l’Accoglienza accompagna verso l’autonomia, l’indipendenza e l’autodeterminazione che gli permetteranno di costruirsi il domani

La vita di Giulio non è stata fin qui facilissima: è stato accolto presso l’Istituto delle Suore Minime della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo, a Cosenza,  quando aveva solo otto anni: “I primi tempi sono stati difficili. Avevo nostalgia di casa. Non riuscivo ad abituarmi”. Poi si è ambientato, ha percepito un clima familiare, scherzoso, e in quella stessa casa-famiglia ci ha trascorso dieci anni. E ancora ci vive.

Giulio frequenta l’istituto professionale per l’industria e l’artigianato Guglielmo Marconi di Cosenza. Per la maggior parte dell’ultimo anno c’è stata anche per lui la didattica a distanza, ma prima della pandemia la sveglia suonava presto la mattina, alle 6.30: colazione e un tratto di strada a piedi fino alla fermata della corriera. Stesso itinerario al ritorno. Ma l’indirizzo scolastico non gli piace granché: “Non amo la meccanica, ho trovato difficile adattarmi a questa materia. Ora però ci sono e devo continuare”. Avrebbe preferito una scuola a indirizzo sportivo; aveva anche preso in considerazione l’idea di cambiare istituto ma ci ha rinunciato. Quando parla di sport, il tono diventa meno timido, più allegro: gli piace giocare a calcio, a rugby; gli piace il paddington – “ma a Cosenza non c’è una scuola di questa disciplina” – e ultimamente frequentava una palestra di kickbox – “spero di fare qualche progresso” – finché a causa del covid ha dovuto rinunciare agli allenamenti, e ora il suo allenatore lo segue a distanza. Lo sport gli tiene compagnia nei pomeriggi di sole tra una corsa all’aria aperta e due tiri al pallone con gli amici. La sera, massimo alle 22.30 è a letto, secondo le regole dell’Istituto.

Durante il lockdown dello scorso anno racconta d’aver scoperto un lato positivo di quella situazione così complessa: “Ho capito com’è bello ascoltare il silenzio, ascoltare me stesso, i miei pensieri. E ascoltare la musica”. C’è un’altra attività che Giulio pratica con entusiasmo: lo scoutismo. E’ scout da quando aveva nove, dieci anni. Lì ci sono molti dei suoi amici: “È un’esperienza bella, soprattutto per il contatto con la natura. Certo le uscite sono un po’ faticose: ti fai lunghe camminate con lo zaino sulle spalle. Anche i primi giorni del campo sono faticosi, quando devi costruire tavoli e cucina. Però ci si diverte”. Con gli scout ha svolto anche del volontariato: far compagnia alle persone anziane, portare il cibo a chi ne ha bisogno.

È quando affronta il discorso sul futuro che Giulio torna a essere un po’ più timido e nutre molte incertezze: “Mi creo dei piani, trovo degli obiettivi da perseguire, poi li abbandono. Smetto di crederci. Per esempio, volevo entrare nell’esercito, era un mio piccolo sogno, finché mi sono reso conto che non sopporto la violenza”. Fa parte delle sue paure: “Ho ansia che qualcuno possa subire violenza. Tempo fa per esempio ho sentito un signore in strada che stava urlando e ho accelerato il passo”. Vorrebbe avere più coraggio, confessa, e riuscire ad affrontare le situazioni: “È questo che vorrei soprattutto: non avere più paura di niente”. E i sogni? “Ogni giorno cerco di scoprire qualche mio talento che mi porti a qualcosa”.

Giulio intravede il domani a piccoli passi: l’università, forse, e un lavoro che gli permetta di mantenersi. E poi sa che vorrebbe andar via dalla Calabria, al nord o all’estero. In questi piccoli passi avrà accanto il sostegno di FSOA.

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