Una famiglia numerosa, la scelta di puntare su un lavoro che è anche una passione, e il desiderio di mettersi nei panni degli altri. Patrizia Praiola ha da poco aperto una pasticceria a Giulianova e firmato la scheda di adesione per il programma Fare Sistema Oltre l’Accoglienza. Ora prepara dolci innovativi presso la sua “Seven Bakery” in attesa di poter ospitare il primo tirocinante
Come sei venuta a conoscenza del programma Fare Assistenza Oltre l’Accoglienza?
Tramite mio fratello Salvatore Praiola, nella sua azienda è stato da poco assunto Alhagi proprio grazie a FSOA.
Cosa ti ha spinto ad aderire al Programma?
Ho sempre pensato che sia necessario guardare al prossimo, per me è una questione prima di tutto religiosa. E’ un percorso spirituale che ho fatto fin qui. Quando ho ascoltato la storia di Alhagi e ho appreso del programma FSOA mi sono convinta. Spesso sento parlare male degli immigrati, sento dire “perché non ve ne state nel vostro Paese?”: queste parole non sono giuste. Potremmo trovarci noi un giorno nella stessa loro situazione. Se una persona ha bisogno di aiuto cerco di mettermi nei suoi panni.
Quale attività commerciale gestisci?
È un’attività appena aperta: la pasticceria “Seven Bakery” in via Thaon De Revel 14 a Giulianova (Teramo). È una sfida. Proponiamo una sorta di pasticceria innovativa, realizzandola però in maniera artigianale, usiamo prodotti freschi e di prima scelta.
Patrizia raccontami della tua vita…
Ho 43 anni e cinque figli. Sono di Napoli, dove ho vissuto per trent’anni. Subito dopo il matrimonio mio marito ha avuto difficoltà sul lavoro e siamo venuti in Abruzzo dove c’erano già mio fratello e mia sorella. Qui mio marito ha trovato lavoro. Nel frattempo io ho vinto un ricorso presso un’azienda pubblica a Napoli e per un periodo ho accettato di tornare nel capoluogo campano, ma ormai quello non era più il mio ambiente. Allora ho chiesto di essere spostata, ma il trasferimento non è mai arrivato. Così ho lasciato un posto sicuro.
Sei stata coraggiosa.
Ero in congedo per maternità per il quinto figlio: in quei mesi ho rispolverato la mia vecchia passione per i dolci. Mi è sempre piaciuto preparare torte. Ho approfittato del tempo libero a disposizione per frequentare corsi di pasticceria. Poi mi sono fatta coraggio e ho iniziato a studiare il progetto per aprire un’attività tutta mia. Ho ottenuto un finanziamento: mi sembrava un sogno, non ci credevo. Quando finalmente stavo per inaugurare il locale – i primi giorni di marzo – è arrivato il Covid-19. Una coincidenza sfortunata. Adesso è un po’ dura. In genere in questo periodo Giulianova è piena di turisti, i negozi e i bar si riempiono, invece quest’anno no. Ma io cerco di resistere.
E con Fare Sistema Oltre l’Accoglienza a che punto sei?
Ho riempito la scheda di adesione e sono in attesa che arrivi un tirocinante. Spero presto.
La tua famiglia cosa pensa dell’adesione al Programma?
Non li ho sorpresi. Se l’aspettavano. Anche loro credono nella solidarietà.
Hai pensato se questa tua scelta potrebbe causare difficoltà alla pasticceria?
Non me ne faccio un problema perché per me avere un migrante in negozio sarà solo motivo di orgoglio. Anzi. Sono convinta della positività del progetto, per me sarà un vanto.
Patrizia, che cos’è per te l’accoglienza?
Per me accoglienza è famiglia. Chi entra nella mia vita, entra nella mia famiglia. Bisogna accogliere soprattutto chi ha sofferto. Tutti hanno diritto a un’altra possibilità nella vita. Anche chi sbaglia. Le persone possono commettere degli errori ma devono poi avere delle chance per riprendersi. A maggior ragione chi alle spalle un passato di sofferenza, come spesso accade per i ragazzi che vengono dall’Africa. Aderire a Fare Sistema Oltre l’Accoglienza è dare un’opportunità a chi non l’avrebbe mai. Ecco perché ci tengo a farne parte.